giovedì 1 ottobre 2020

Toccare il fondo



Come ci si sente quando si raggiunge il fondo dell'abisso?

Ma la domanda più importante, forse, è: questo è veramente il fondo dell'abisso?

E' un po' come sentirsi piano piano trascinare sott'acqua, nel bel mezzo dell'oceano atlantico, nero come il catrame, in una notte di mezzaluna, con poca luce, con il solo rumore del mare infinito e del silenzio assordante che preannuncia la fine di tutte le cose. 

Finché puoi, finché ne hai la forza, rimani a galla, cerchi di aggrapparti ad una speranza, cerchi un senso alla tua presenza in quella pozza nera che sembra non finire mai. 

Nella tua posizione non vedi terra all'orizzonte, sai che mancano ore all'alba e che ti dovrai abituare a rimanere tra quelle acque fredde fino a che il sole non inizierà a fare capolino, ridandoti la speranza di vedere qualche cosa, la in fondo, o almeno di sapere da che parte si trova l'est, l'ovest, dove cercare, dove guardare per trovare almeno una remota speranza di raggiungere la terraferma. 

Ti senti impotente, hai solo te stesso, ma ti sembra di non avere vie d'uscita. aspetti e speri soltanto che qualche nave passi per di li, e ti veda, e che possa darti soccorso. ma più il tempo passa più dentro di te si fa strada l'idea che quelle ore che mancano all'alba siano le tue ultime ore, quel silenzio e quel senso di abbandono, di solitudine, siano solo il preludio della fine. 

cerco di essere razionale, di figurare nella mia mente tutte le possibilità. Forse esiste un modo. Forse, se smetto di dimenarmi e sfrutto la calma e il respiro per rimanere a galla, posso attendere che il sole si affacci all'orizzonte,  dandomi una indicazione almeno della direzione in cui nuotare. Se continuo a dimenarmi disperdo energie che mi serviranno domani. 

Quindi mi metto li, aspetto, aspetto e intanto spero che nella notte buia, un faro si faccia strada nella foschia, e mi dia una speranza. 

Le ore passano, ma la notte è lunga. riuscirò a resistere abbastanza? Ci provo, ma la salvezza sembra essere così remota. Anche se conoscessi i punti cardinali, non so in quale posizione mi trovo, non conosco latitudine e longitudine, non so se sono più vicino alle americhe o all'Europa. anche se avessi la forza di nuotare per un po' non ho modo di scegliere se sia bene nuotare verso est o verso ovest per raggiungere la terra. 

Se rimanessi qui potrebbe passare un'altra nave che segue la stessa rotta di quella da cui sono caduto.

Ma non so se le correnti oceaniche nel frattempo mi abbiano trasportato distante dalla rotta stessa. se così fosse, rimanere qui fermo non mi aiuterebbe. 

Devo affidarmi al sole. Risparmiare le energie finchè il sole mi indicherà la direzione.

Poi farò una scelta. E nuoterò finchè ne avrò la forza. 

Ma finché aspetti che il Sole si affacci oltre l'orizzonte le ore passano, le correnti ti spingono chissà dove, e tu fatichi a stare a galla, e consumi comunque energia. Un po' alla volta inizi a perdere la speranza, la fame e la stanchezza iniziano a farsi sentire, e il freddo dell'oceano certo non aiuta. 

Inizi a pensare che stando li fermo il giorno probabilmente nemmeno lo vedrai arrivare. 

Quindi decidi di sfruttare le tue ultime forze, hai comunque la luce flebile della luna che ti fa compagnia, ti rendi conto che tra qualche ora tramonterà, e poi ci sarà il buio profondo. 

Ma forse anche la luna può darti un accenno circa la direzione da seguire. 



Attanagliato da mille dubbi decido che una direzione la devo pur prendere se voglio avere una minima speranza di salvarmi, quindi uso la luce della luna come guida e inizio a nuotare piano, almeno così ho la sensazione di muovermi. Ho la sensazione di avere ancora un minimo di controllo e di non esser in balìa degli eventi. Ho ancora un minimo di controllo sulla mia vita, prima che questo oceano nero catrame mi inghiotta definitivamente. Ci provo e faccio appello alla mia forza per andare avanti. 

Dove non lo so.

Per quanto tempo non lo so.

Probabilmente finchè lo sforzo non mi avrà consumato. 

Mi rendo conto che ho solo immaginato di essere già appoggiato al fondale. 

Adesso mi sto muovendo, sento la mia presenza, percepisco il mio corpo, sento quella poca energia che mi rimane, ma che preme per generare un movimento.

Non lo so dove sia il fondo dell'oceano. 

Il fondo per il momento è solo nella mia testa. Anche se a volte ho l'impressione di non respirare, di annegare, di sentire l'acqua che come migliaia di spilli entra nelle vie respiratorie, mi rendo conto che in realtà sono ancora a galla. E anche se sono in un oceano nero senza fine, in una notte con poca luce, sono ancora vivo. 

Dal fondo non si risale. 

Quando arrivi al fondo, a prescindere dal livello di profondità in cui ti trovi, sei già annegato da un pezzo.

Io non ho ancora mollato. l'oceano non mi ha ancora fatto suo. E io mi sto aggrappando a me stesso. Alle ultime speranze che ancora mi tengono in vita. 

Cosa voglia dire toccare il fondo? Non lo so, e spero di non saperlo mai.


martedì 8 settembre 2020

Un nuovo foglio bianco, un titolo senza titolo.

 Mi trovo nuovamente di fronte a questo foglio bianco.

Il post-it in fianco al mio letto stamattina mi ha ricordato che tra le prime cose che mi ero imposto di fare oggi c'era quella di scrivere qualche riga su questo blog. Un blog che viene costantemente ripreso per qualche giorno e lasciato lì a dormire per anni. 

A volte mi stupisco di come riesco a essere così incostante. 

Tempo fa, durante il lockdown discutevo con la mia ragazza del fatto che almeno una volta nella vita vorrei assaporare quella sensazione di prendere una cosa (un lavoro, un hobby, un interesse..qualsiasi cosa) e portarla fino in fondo. Assaporare il gusto di andare in profondità, raggiungere la "MASTERY" in qualcosa, il completo (o quasi) dominio di una materia, di un'abilità basata su un mio talento. 

Mi è sempre stato difficile mantenere vive l'attenzione e la concentrazione su qualcosa, tanto che spesso mi sono trovato a chiedermi se in realtà non soffra di qualche disturbo dell'attenzione. 

Mi sono spesso trovato a leggere le caratteristiche sintomatologiche di questo disturbo, e sono sempre rimasto colpito da quanto molti sintomi corrispondessero alla mia situazione. Tuttavia, fortunatamente non ho mai dato peso alla cosa, più che altro perché non intendo diventare un ipocondriaco. Non è per negare di avere un problema, è che ho sempre cercato una giustificazione alla mia irrequietezza e all'incapacità di tenere alto il focus su una sola cosa per il tempo necessario dicendo a me stesso che, forse, sono una persona particolare. Magari ho l'estro artistico, magari mi piace semplicemente esplorare cose sempre nuove, sempre diverse, magari sono uno che si annoia facilmente perchè ha costante bisogno di nuovi stimoli.

O magari non ho ancora ben chiaro quale sia il mio spazio nel mondo, nonostante in uno dei miei post precedenti sembrasse tutto così chiaro. 

Non è che oggi io non mi ritrovi più nelle mie stesse parole, anzi. Rileggendole ho come avuto l'impressione di essermi perduto un'altra volta. 

Per assurdo ogni volta che scrivo, su carta o su questo blog, le mie idee iniziano a chiarificarsi. E' come aprire una porta verso l'infinito del mio essere autentico, con la sua luce e la sua oscurità. Mi trovo a navigare nei miei stessi pensieri, solo, nella nebbia o a camminare nella melma delle mie personali "Paludi della Tristezza" come Atreyu, il protagonista del film "La storia infinita". Credo che quel film in fondo rappresenti una metafora dell'esistenza umana, nelle sue varie sfaccettature, nei suoi accadimenti e nelle sue diverse fasi... 

[Magari in uno dei prossimi post potrei approfondire la mia personale lettura di questo film..]

Comunque... sto divagando come al solito. D'altra parte sto scrivendo a braccio. Questa mattina non avevo le idee chiare sull'argomento. in realtà non sarebbe male utilizzare questo spazio che non viene letto da nessuno per condividere con me stesso i miei stessi pensieri, facendoli uscire liberi ogniqualvolta essi spingano per trovare una forma di espressione. Non ho più la mia chitarra e la mia batteria per mettere in musica le mie emozioni, e tutto quello che ho è un foglio di pergamena, una piuma di fenice, e un calamaio pieno di magiche fiamme roventi e purificatrici. 

Voglio riprendere questa avventura, che originariamente era nata come il luogo dove documentare il mio divenire, mettere nero su bianco le tappe della mia esistenza. In realtà molte delle tappe importanti sono rimaste al di fuori di queste pagine, perché, nel giorno che sfugge, la foga di mettere il timbro "Fine" a ogni giornata, come fosse un episodio di una serie infinita, è così forte da costringermi spesso a reprimere o nascondere i pensieri.

Credo che ricominciare a scrivere, totalmente a caso, senza un'idea precisa di cosa dire possa essere la chiave per iniziare a mettere in fila il vortice di pensieri che gira nella mia testa quotidianamente, e per trovare una mappa per muovermi all'interno di questo caos. Non voglio eliminarlo questo caos dentro. Voglio che sia un rifugio. un luogo dove trovare ispirazione, idee, connessioni, che mi aiutino a fare ordine fuori. Cogliere un filo di Arianna dentro di me, da seguire per arrivare alla verità nascosta, a chi sono io, al senso profondo della mia esistenza. 

Voglio iniziare ad esplorare strade nuove, nuovi bivi e nuove direzioni in questa strada che ho iniziato a tratteggiare e documentare anni fa. SPERIMENTARE. Abbracciare questo caos interiore, abbracciare la luce e l'oscurità, farmi guidare da esse in questo turbinio di eventi ed emozioni chiamato Vita. 

Questa sera a mente fredda rileggerò questo post scritto a braccio in una sorta di trance ipnotica che la scrittura spesso induce, e proverò a cercare il capo del Filo rosso che mi serve per iniziare a viaggiare nel labirinto, alla scoperta del mio Minotauro interiore, fatto dei demoni con cui prima o poi mi dovrò confrontare. 

Intanto proseguo nella TODO list che il mio post-it mi impone di seguire per quest'oggi. 

Scriveremo nuovamente la parola "Fine" al termine di questa giornata. Come sempre. Sempre nello stesso modo.